A proposito di terremoti e di dimenticati…

terremoto_amatrice“Vogliamo vedere Gesù”. E’ la richiesta che alcuni greci, simpatizzanti, sottopongono all’apostolo Filippo nel Vangelo di Giovanni. Ed è l’esigenza che affiora, struggente e con insistenza, in molti di noi.
Se qualcuno, oggi, arrivato da Paesi dove il cristianesimo non è diffuso e conosciuto, facesse la stessa domanda alla nostra gente terremotata del centro Italia, dell’Emilia, dell’Abruzzo che siamo, in quanto battezzati, i discepoli di Gesù oggi, che cosa avremmo da mostrargli?
Dopo ciò che è successo tre anni fa con il terremoto del centro Italia e quello che è dipeso da quell’evento, per le comunità, per la gente comune, per i cristiani della nostra Chiesa, ai quali sono mancati e tuttora mancano luoghi nei quali sono cresciuti nella fede, oggi ci troviamo a fare le somme e le sottrazioni dei primi bilanci.
Ma, nonostante tutto, anche ora la richiesta fondamentale fatta da quegli sconosciuti greci resta inevasa anche per noi: “vogliamo vedere Gesù”.
Narrare, raccontare, riferire la sofferenza umana, la gioia, le incertezze, ci dicono che non siamo degli arrivati.
Siamo dei partenti, dei principianti. Si tratta, paradossalmente, con la nostra professione, di arrivare a cercare. E si tratta, soprattutto, di cercare e farci trovare da uno che ci cerca. Il vero incontro è un incrociarsi di due ricerche. Quella, precedente, di Dio e la nostra.
Cercare vuol dire essenzialmente essere creature bruciate da un desiderio e, nello stesso tempo, essere anche gli individui dell’attesa. E qui, oltre al verbo cercare, ne propongo un altro, altrettanto significativo: aspettare, che poi rappresenta il verbo della speranza.
Aperti alla novità di un incontro: “Vogliamo vedere Gesù”.
Vedere, non sentire parole a cascata che in queste ore correranno come fiumi in piena, non leggere documenti indigesti di relazioni, contro-relazioni, inchieste, non assistere a comparsate di uomini più o meno famosi che infastidiranno la vita già grama di sta gente, a coreografie impeccabili quanto spente e insignificanti, nonostante il luccichio esteriore. Vedere e cercare!
Rinneghiamo se ci sarà possibile la pretesa di esibire noi stessi quali sostituti di una qualsivoglia autorità, sia essa ecclesiale o laica, da persone colte e parolaie o da persone semplici che parlano come mangiano, ponderando la vanità, il presenzialismo e i personalismi sfoggiati e sfogati senza rispetto alcuno e, come spesso avviene, in chiacchiere vuote sui vari social.
La storia di tanta nostra gente ci dice che anche in un evento drammatico come il terremoto si può incontrare Gesù. Un’esperienza non fra le tante, quanto piuttosto, la scelta di accettare che il no- stro incontro con Lui determini una svolta radicale nel nostro complicato itinerario, che lui cambi tutto nella nostra vita. Gente, che concretamente e in semplicità ha cercato e cerca di vivere una vita seguendo la “Parola” e non solo le parole…
Ricostruire e riaprire le nostre chiese, i luoghi dell’esperienza cristiana, ci dicono l’importanza di un incontro capace di trasformarci. Un terremoto è capace di rendere irriconoscibile un territorio, l’immagine di una città. Coloro che come credenti hanno incontrato veramente Gesù, fosse anche per l’evento doloroso di un terremoto, oggi possono definirsi e possiamo definirli “irriconoscibili”. Ed è proprio questa nostra “irriconoscibilità” che consente a quelli che tuttora cercano di riconoscere Lui, o almeno di “sospettare” la sua presenza. Ed è quello che, al di là di polemiche, critiche e veleni, ci auguriamo possa realizzarsi. Buona Giornata!

Pubblicato da PadreErmannoCaccia

...per Cristo...con Cristo e in Cristo!

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