Se per l’uomo rendere gloria a Dio significa “fare la sua volontà”, per il prete non ha altro modo di farlo obbedendo! In lui, si spera, non c’è il desiderio inutile di cumulare, dell’arrochire. Sa che la sua vita dipende dal Signore e si fida. Nel chieder quanto gli basta, lo fa con l’umiltà della lode. Nel ricevere il necessario, e il di più, gratuitamente dovrebbe inalzare, la gioia della riconoscenza. Certo obbedire costa….
Penso alla mia comunità, che si dichiara cristiana e con naturalezza, come se fosse vanto progressista, non praticante!?
Può confrontarsi con questa scelta spontanea, per tanti versi non convenzionale?
A noi basta il pane sufficiente per l’oggi?
Oppure guardiamo i frutti del nostro impegno con così tanto orgoglio da dimenticarci il minuzioso e silenzioso lavoro di Dio?
Vedete da prete, che in questi giorni si deve confrontare con l’obbedienza, l’affidamento divino diventa una scelta sicura di libertà interiore.
Abbandonato da molti, non posso che affidarmi all’unico che non abbandona la sua creatura. E s, come capita, il silenzio di Dio appare ingombrante, fastidioso, ritrovo serenità pensando che quel silenzio è comunione di dolore, non senz’altro di disinteresse.E’ un amore questo che non può essere spiegato, tuttavia l’evidenza mi ha insegnato che solo l’amore accetta il dolore. Dio è passione di vita. Il suo lavoro è dare la vita, conservare la vita, e allora tra la pace necessaria per riconsiderare, migliorare e chiedere aiuto per armarmi, non perdere quella passione….: la passione di amare e di donarsi….Buona giornata!