Non diciamo sciocchezze! Non è l’abito che fa il monaco. Ci mancherebbe altro che l’appartenenza a Cristo fosse un problema di sartoria! Se un cristiano, un prete, una suora non è costruito sulla croce, non c’è abito che riesca a farlo, così come non c’è abito che riesca a rivelarlo. Bisognerebbe dire: “dimmi che cosa porti sulle spalle, e con CHI porti, rei dirò chi sei”. Si tratta di “regno ruvido”, non di stoffa!
La croce, e in questa settimana santa l’avremo sotto gli occhi assiduamente, è l’altra faccia dell’amore! La croce, certo è fatta di sofferenza, di solitudine, di incomprensione, abbandono, ingratitudine, ma è fatta sopratutto d’amore! Non basta soffrire per poter affermare che si porta la croce di Cristo! Occorre portare la croce nella direzione in cui Lui l’ha portata, soffrire nella stessa linea di dono e di pienezza. La croce del cristiano, come quella del Maestro, non svela soltanto la sua identità, ma spiega il significato della sua vita! Non quindi la croce per se stessa, il dolore per dolore. Ma la croce come segno rivelatore di UNA VITA DATA, offerta, spesa per gli altri. E’ il “per” che qualifica la croce come cristiana!
A scanso di equivoci e di false illusioni non pensiamo che la resurrezione rappresenti il superamento della croce! E’ superamento, ma soltanto per chi è passato e passa continuamente attraverso il calvario. E’ il crocifisso che è risorto! Buona giornata e buona settimana Santa!