La Speranza sta tra due verbi! A voler bene guardare Lui non si giustifica, né ci rimprovera per i nostri sfoghi, le proteste, anche le le più caparbie e violente! Si limita a ripetere come fa con Marta la stella di Maria e di Lazzaro: “Se credi, vedrai la gloria di Dio….”. Attenzione non stabilisce una scadenza, non precisa il modo…..
“CREDERE” è al presente, mentre “VEDERE” riguarda il futuro!
Il guaio è che noi abbiamo la tendenza ad invertire i tempi dei verbi (qualcosa come: “Se vedi la gloria di Dio, magari crederai…”). Pretendiamo, prima, di vedere, controllare, contattare, adesso. al presente e poi, chissà, forse, “crederemo” alla gloria di Dio.
Sottoponiamo Dio a continui esami di bontà, protezione, finezza di udito, sollecitudine, prontezza di intervento, prima di promuoverlo alla gloria, riconoscerlo degno della nostra fede. Il fatto è che, se la fede viene dopo -dopo le prove fissate da noi, dopo i nostri calcoli, dopo le nostre misurazioni e i controlli minuziosi- non si può parlare di fede, e nemmeno di speranza. La vera speranza non nasce quando Gesù sarebbe ancora in tempo, se accorresse subito, ma allorché ormai è troppo tardi, “non c’è più speranza…”.
la sorpresa, l’imprevedibile, addirittura l’impossibile, si concedono esclusivamente alla fede. E in mezzo ai due verbi, si stende spesso il territorio desolato di un’attesa interminabile, un’assenza inspiegabile, una lontananza straziante. Ci sono dei conti che non tornano, vuoti spaventosi, perdite in serie, ferite che fanno urlare.
Dio non ci chiede la fede come ricompensa dovuta la miracolo, prezzo da pagare per le sue prestazioni, ma quale condizione necessaria perché possa agire da Dio….
Buona Giornata