A voler ben guardare il vangelo di domenica scorsa ha destato non poche paure, non poche perplessità…
A qualcuno di voi ha drizzato le orecchie sentendo parlare di sole, di luna di astri. Attenzione: qui non si tratta né di astrologia, né di oroscopi, ma di realtà certe, anche se imprevedibili quanto a data e modalità di svolgimento. Quel fico che mette tenere foglie può essere visto soltanto con gli occhi della fede. Non pensiamo quindi di trovarlo, un bel giorno nel nostro giardino, addobbato in modo tale da segnalarci inequivocabilmente la data fatidica. Mi sono domandato, in questi giorni durante i quali ho cercato di mettere insieme qualche riflessione accettabile, mi sono chiesto più volte : come si possa contemplare “il Figlio dell’Uomo venire sulle nubi”, se non ce la facciamo a vederlo neppure quando cammina sulla nostra terra (e ha la faccia del poveraccio qualsiasi, di un immigrato, di un vecchio, o di un malato), vi rivolge la sua Parola. In che modo pensiamo di impostare la nostra vita sulle sue parole che “non passano” quando rincorriamo tutte le parole che passano nei dintorni delle nostre orecchie?
“In quel tempo…in quei giorni….”, ma penso, che il vero problema, bisogna ammetterlo, è “questo tempo”, sono “questi giorni”. Diciamo che non vogliamo sentire parlare di “quel giorno” fatidico. In realtà non si prende sul serio “questi giorni”. Li dissipiamo, non ne comprendiamo il valore. Non si vuole pensare alla morte, e chi si azzarda a farci qualche accenno viene accusato di cattivo gusto. Sarebbe opportuno chiederci se questo atteggiamento non sia un modo come un altro per non pensare seriamente alla vita. Per questo probabilmente l’idea della morte ci disturba tanto. Già, oggi vi dovrei parlare della vita eterna. Nel credo che recitiamo ogni domenica si dice: “Credo…la vita eterna”. Di fatto, sono preoccupato, non tanto perché non crediamo alla vita eterna, ma perché non crediamo abbastanza alla vita presente.
Stante alla conclusioni di certo studiosi delle tradizioni religiose popolari, la fede nell’aldilà dei nostri predecessori nasceva dall’incapacità, o addirittura dalla paura, di vivere pienamente qui, adesso. Sono tutte fanfaluche, anche se firmate da nomi prestigiosi. Io penso, precisamente il contrario.
Loro sapevano apprezzare la vita quaggiù, anche se era grama, e nutrita da polenta (oltre che di fede). Dove invece il presente non fiorisce, la speranza nella vita futura non dà i frutti. La vita nel Regno dei cieli ha bisogno di agganci terreni.
L’eternità ha bisogno di ancoraggi nell’oggi. Miei cari, un teologo, mistico contemporaneo ha avuto modo di dire: “La vita eterna ha a che fare con la qualità di amore della nostra vita terrena, qui e ora”, pensiamoci è la pura e santa verità. La luce di Dio brillerà nell’altro mondo, al posto del sole e della luna e delle stelle. Ma intanto può bruciare già in questo mondo con l’olio della nostra vita. Mettiamocelo bene in testa: la terra non verrà distrutta. Abbiamo la possibilità, almeno, di portare in salvo con noi, non soltanto le persone care, ma tante cose preziose ed amare. Tutto ciò che di bello, di buono, di santo avremo fatto crescere sulla nostra terra, magari spruzzandolo abbondantemente di lacrime, scamperà alla fine del mondo. La fede e la speranza ci assicurano che Dio dona futuro al presente. Bisogna vedere, però, se ci fidiamo veramente di Dio, o se preferiamo fidarci di noi. Possiamo sostenere di essere più sicuri di Dio, che di noi stessi?
La cosiddetta “vita eterna” è contemporaneamente dono e compito….Cadiamo nelle mani di Dio… e questo non è nient’altro che l’eternità! Buona Giornata