“Questo linguaggio è duro….” Le perplessità dei contemporanei di Gesù, sono anche le nostre. Basterebbe osservare come partecipiamo alle nostre celebrazioni eucaristiche e come trasmettiamo la nostra “gioia” alle giovani generazioni… Mi chiedo sempre più di frequente: i nostri giovani, i nostri ragazzi capiscono la Messa? Come la vivono (se la vivono)? Il linguaggio dei sacramenti, nella sua sobrietà, parla ancora alle giovani generazioni? L’impressione è che i “nativi digitali”, cresciuti a pane e smartphone fin dalla più tenera età, si trovino sempre meno a loro agio con i riti della Chiesa, a partire proprio da quello più elementare: la Messa. La Messa appare loro ingessata, ripetitiva. E d’altra parte non potrebbe essere altrimenti, poiché si tratta di un linguaggio simbolico, che cioè, attraverso la ripetizione di alcuni simboli pieno di significato, invita a “levare lo sguardo”, ad andare “oltre” l’azione rituale, fino a cogliere i significati a cui la Messa fa riferimento: Gesù vivo, presente, che ti dà vita. Il tentativo, anche lodevole, di rendere la Messa più vivace, più “sprint”, più coinvolgente e interattiva, non può spingersi troppo oltre, trasformandola in cabaret, avanspettacolo o fenomeno da baraccone, dove l’attenzione inevitabilmente non termina più al Signore, ma viene catturata dal prete-saltinbanco o dai canti strappalacrime. Ora, questo tipo di linguaggio simbolico, per essere capito e vissuto, richiede almeno due condizioni. Primo: l’attivazione dei sensi, in particolare l’udito (mettersi in ascolto) e la vista (guardare con attenzione), ma anche il tatto e l’olfatto, se pensiamo al profumo degli incensi o alla sensazione di essere toccati, nel rito, dall’acqua, o dall’olio, o dal pane ricevuto in bocca. Secondo: la capacità simbolica, ossia la capacità di andare oltre i segni che i sensi hanno intercettato, per cogliere i significati evocati dal simbolo (Dio che ti purifica, Dio che ti rafforza, Dio che ti nutre etc.). Ebbene, l’impressione è che i “nativi digitali” proprio su queste due condizioni si trovano oggi come azzoppati. La rete, infatti, li abitua a un tipo di comunicazione quantitativa, che procede per accumulo di dati, ma non sviluppa la capacità simbolica, cioè la capacità di approfondire, di andare oltre, di intuire significati. In questo orizzonte, che spazio c’è ancora per l’umile, modesta, disadorna Messa? E il suo linguaggio così scarno e impegnativo? Proposta: ripartiamo dai bambini. Abituiamoli a vedere, a sentire, ad attivare i sensi: un bosco che sussurra, un cielo stellato, un torrente che guizza fresco. Prima che il linguaggio digitale inibisca loro la capacità di stupore e meraviglia, le vacanze servono anche a questo…. Buona Giornata.